Nello scenario odierno serve un governo dell'università che prenda a riferimento il bilancio. Questo non è farina del diavolo, ma è solo uno strumento che usa la stessa unità di misura, il danaro, per una visione omogenea di risorse diverse (personale, attrezzature, spazi di lavoro e di insegnamento, "opere dell'ingegno", etc.).
Governare sapendo trovare le risorse per fare quello che serve. Oppure, è l'altra faccia della medaglia, facendo quello che le risorse permettono. Non è un mistero per nessuno che il bilancio della Sapienza è "in sofferenza" da molto tempo. Questo scenario impone la scelta di un Rettore che abbia le capacità e le conoscenze degli strumenti di gestione, "normali" in una logica di azienda. Ormai sembra tracciato il cammino verso la trasformazione delle università in fondazioni: un'altra conferma dello scivolamento verso la logica aziendale.
Qualcuno recentemente ha scritto: la sua (del Rettore) etica deve essere orientata al bene comune, bene comune che guarda al presente e al futuro del suo ateneo, del suo corpo docente e dei suoi studenti, ma anche del paese a cui deve esigere risorse e restituire qualità. Non chiederei ad un candidato di rinunciare a tutto questo.
Condivido! Ma perché qualcuno pensa che un manager non dovrebbe essere anche questo? Semmai c'è un discorso di priorità. Deve essere più questo o più manager? La risposta non è univoca: dipende dallo scenario in cui si muove. E lo scenario di oggi è diverso da quello di ieri!
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