sabato 28 giugno 2008

Elettori e candidati: fate a meno dei partiti. (E forse è meglio)

Sul Riformista di oggi c'è un articolo a firma di Giancarlo Schirru che riferisce del decreto legge sulla programmazione economica varata dal governo. Il Dpef contiene norme rivoluzionarie per l'università: blocco delle assunzioni, taglio dei stipendi dei docenti, riduzione molto forte e progressiva nel triennio dei trasferimenti dello Stato alle università, possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni di diritto privato.
A parte il merito delle proposte (sulle quali - ci pare - il prof. Biader - ci suggerisce di "farci i conti" e Orlandi di contrastare), Schirru evidenzia il silenzio del cosidetto governo ombra. Deduce - e non possiamo che essere d'accordo - che il Pd non si è accorto di nulla. Un'altra prova di quanto l'opposizione sia distante dal paese.
Viste le premesse ci domandiamo: quale contributo può dare
il Partito democratico per la definizione di una politica per la Sapienza?
Non che le cose dall'altra parte siano messe meglio: ormai il Pdl (nella sua versione romana) sembra che abbia come unico scopo quello di riscattare il Papa dallo schiaffo (?) ricevuto alla Sapienza e di inseguire presunte libertà negate nell'ateneo.
Di fronte alla quantità di problemi delle università e della Sapienza suonano ridicole le formule di distinguo e di attribuzione in merito alle appartenenze partitiche dei candidati.
Ora, non è detto che questa distanza dei partiti dai problemi della Sapienza sia un male: a condizione che il corpo docente decida di invertire la deriva e imponga a questi politici e a questi partiti l'attenzione sull'università.
Possibile che non ne siano capaci o che non ne abbiano l'interesse?