martedì 16 settembre 2008

Alla fine ne rimarrà uno solo

Praticamente un incontro al giorno. Tutti i candidati in rigorosa par condicio comiziano e concionano programmi e proposte.
Nella loro lunga carriera accademica non sarà sicuramente la prima volta che si cimentano con la raccolta di consenso e con la conta dei voti ma forse, per la prima volta devono confrontarsi con un ruolo e un compito politico.
I motivi sono noti: la necessità di rassicurare gli Atenei federati nella loro orgogliosa richiesta di autonomia, l'impronta collegiale lasciata in eredità dal precedente rettore (con l'inconsueta e non istituzionale formula di governo della Sapienza) , il quadro politico che richiede un impegno costruttivo e di contestazione alle proposte governative.
Gli otto candidati sono l'espressione più vivace e propositiva del corpo accademico. Tutti ammettono che i programmi sono molto simili. I problemi dell'università in generale, e della Sapienza in particolare sono enormi. Tre condizioni che sembrerebbero condannare tutti i candidati a collaborare con il collega eletto.
Una domanda che andrebbe fatta ad ognuno di loro:

Se non fosse lei a essere eletto e il Magnifico Rettore (o il professore con maggiori chance di vittoria) le chiedesse di collaborare, lei accetterebbe - e se sì, a quali condizioni?
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Naturalmente questa domanda potrà essere fatta se e solo se, la campagna elettorale continuerà con il fairplay che l'ha contraddistinta senza incrudelimenti repentini.